Una mattina d'estate, un ragazzo come tanti arriva a via del Corso (celebre strada dello shopping della Capitale, sempre piena di turisti e di clienti) con una sdraio, un cartello, una radio e un paio di occhiali da sole. Accende la radio e posiziona il cartello. Sistema la sdraio e si siede senza fare nulla. Sul cartello è scritto: Pay me to do nothing, pagatemi per non fare nulla.
Lui è Karmen Farina e in breve tempo, con la sua performance, diventa celebre e arriva sugli schermi di mezza televisione italiana (ospitato da programmi d'ogni tipo, come lui stesso racconta nel libro), su tutti i giornali e i siti possibili, e ovviamente sulla bocca di tutti. È un genio o un parassita? Un cialtrone o un abile performer?
Questo libro, Pay me to do nothing. Una guida per aspiranti non lavoratori, racconta le mille peripezie che conducono Karmen, napoletano, artista, rapper e non-lavoratore, all'intuizione del Pay me to do nothing. Sì, perché prima della sdraio e del cartello c'è stato altro, molto altro: il beat-box (le rime rappate e improvvisate sulla metro), le piccole e grandi truffe, Radio scollettivo e altro. Davvero molto altro. Tutto vero o frutto della fantasia di questo artista e provocatore napoletano?
La questione del lavoro (e del non-lavoro) è il perno di ogni discussione politica e culturale, italiana e non. Non potrebbe essere altrimenti: l'urgenza di ridefinire uno stato sociale all'altezza dei tempi del precariato diffuso, il rischio della disoccupazione di massa a fronte dell'automazione totale (o parziale) del lavoro, o più prosaicamente la messa in discussione del reddito di cittadinanza del nuovo governo Meloni, pongono questo libro al centro dell'attualità politica e culturale del nostro paese.
L’intelligenza provocatrice con cui questi temi sono messi al centro del libro suscitano certo una forma di sconcerto nel lettore. Karmen Farina è un genio provocatore che divide il pubblico e nel nostro caso i lettori: è un esempio da seguire, un disoccupato che ha rovesciato il suo status di emarginato e ha realizzato il sogno proibito di tutti o è un parassita individualista ed egoista, uno che vive alle spalle degli altri e della società? Al lettore, l'ardua sentenza. Intanto questo libro dimostra che Karmen è un ottimo scrittore e che la performance Pay me to do nothing non nasce affatto dal nulla ma è frutto di un percorso culturale, certo «dadaista», ma a suo modo estremamente consapevole, radicale e coerente.